21 Gennaio 2020: FONTE -Stella d’Italia News-
Non se ne parla ma nel Mediterraneo si sta concretizzando una competizione, per non chiamarla guerra, per lo sfruttamento delle ricerche minerarie. Il maggior protagonista di questa corsa all’oro nero è un contendente fino a pochissimo tempo fa ritenuto non coinvolto nel tentare di ritagliarsi una fetta nella torta petrolifera: la Turchia di Erdogan.
Che si tratti di un paese espansionista è oramai sotto gli occhi di tutti: prima il braccio di ferro con l’Europa Unita per ottenere ingenti pagamenti dietro il ricatto della bomba migratoria, poi il via libera dato dagli americani alla conquista di una fetta di territorio iracheno e all’espulsione violenta da esso delle popolazioni curde, poi l’intervento militare in quella che una volta era una provincia dell’imperto ottomano: la Libia.
Ma è sul mare che la minaccia turca è ampiamente sottovalutata. Un sentore si è avuto quando la marina turca, precendentemente mai considerata, ha impedito con la forza le operazioni di una nave italiana impegnata nelle prospezioni minerarie nel mare di Cipro in una zona non di competenza turca. Ricordo come l’isola di Cipro sia divisa, a metà è una repubblica su base etnica greca e l’altra metà appartiene alla Turchia.
Ebbene con la mossa in Libia la Turchia, previa accordi con i nuovi padroni della Libia, potranno unificare una loro fascia di mare esclusiva con quella libica creando una zona vastissima dove solo loro potranno effettuare prospezioni e trivellazioni oltre che controllare il basso Mediterraneo.
Tutto questo con il beneplacito degli Stati Uniti che sperano in una Turchia potenziata come barriera all’altro espansionismo islamico: quello dell’Iran.
Ma se l’America ha una agenda precisa e segue una politica chiara nella regione non altrettanto fanno L’UE e l’Italia.
Soprattutto è l’Italia a avere una posizione colpevolmente latitante nel Mediterraneo meridionale. Senza rivangare nostalgie colonialistiche i nostri interessi nella ex colonia libica, interessi petroliferi primariamente, dovrebbero essere difesi con i denti e con le unghie e invece si lascia fare ad altri che, come si è visto, entrano pesantemente in lizza con addirittura forze militari.
Permettere la saldatura delle due zone marine turche e libiche sarebbe un errore imperdonabile e una minaccia mortale per i nostri interessi non solo marittimi ma energetici.
Andrea Marrone – Stella d’Italia News.