Le riforme da fare

19 Settembre 2018: FONTE -Unione Stella d’Italia-

Il Governo in carica, a differenza dei governi precedenti, sembra indubbiamente avere a cuore gli interessi del Popolo italiano che ha votato per il suo insediamento. Questo non significa che stia facendo tutto bene, ci sono infatti tensioni palpabili, correnti più o meno sotterranee di dissensi e contrasti tra le due anime del Governo, una decisionista in modo addirittura brutale e l’altra giacobina, messianica e ultimamente incoerente a cause del suo continuo rincorrere il sogno utopico di una società perfetta da ottenere bruciando tutte le tappe.

Osservo però come non stia neppure accennando a alcuni problemi fondamentali per il futuro del nostro Paese e questo mi fa pensare che si preferisca affrontare problemi più di impatto mediatico che altri, a mio modo di vedere, più gravi e urgenti.

Vediamone uno: la semplificazione fiscale.

Semplificazione fiscale non significa la cosiddetta Flat Tax che peraltro mi lascia piuttosto dubbioso circa sia la sua attuabilità sia sul fatto che sia giusto non avere una progressività fiscale. Semplificazione fiscale significa raggruppare le scadenze, diminuirle, togliere la ridda di complicazioni, distinguo, interpretazioni che fanno della fiscalità italiana un percorso a ostacoli che conduce inevitabilmente a multe, sanzioni, interessi da usura che spingono spesso un popolo di tartassati a diventare un popolo braccato che cerca costantemente di scappare dagli ingranaggi fiscali percepiti come qualcosa che strozza, stritola, annienta invece di essere, come normale, il mezzo per permettere a una società moderna e evoluta di funzionare.

Mettere mano alla semplificazione fiscale significa non solo essere più giusti e chiari nei confronti dei cittadini italiani ma anche di essere più attraenti per investitori internazionali che indubbiamente guardano alla nostra fiscalità come a un sistema bizantino, illogico e sostanzialmente pericoloso.

Altro argomento, collegato al precedente, la riforma del Codice Civile e del sistema giudiziario, altro girone infernale che scoraggia il ricorso alla giustizia e che rende il nostro Paese uno dei meno desiderabili dove investire del denaro in attività produttive.

E come terzo elemento vorrei citare la imprescindibile riforma della burocrazia. La burocrazia italiana, amante delle copie fatta con la carta carbone, delle mezze maniche e delle penne Bic è diventata negli anni una struttura elefantiaca gonfiata da assunzioni clientelari, dall’assorbire esuberi da aziende degli amici degli amici che licenziavano, da una gestione bizzarra della normale esigenza di assicurare pane e lavoro a chi non ne aveva. Poi cominciarono le vacche magre e il blocco delle assunzioni e quindi oggi negli uffici pubblici abbiamo sia degli elementi poco validi e inclini al lavoro che degli elementi validissimi però che stanno invecchiando e entrambe sono oberati di lavoro perché chi viene licenziato non è sostituito da nuove assunzioni. Risultato? Beh, basta andare in un qualsiasi ufficio pubblico per rendersi conto dello stato della nostra burocrazia, degli intollerabili ritardi nelle risposte, della generale inefficienza di una burocrazia non in grado di rispondere alle esigenze di una società e economia moderna che si trova a dover competere con il resto dell’Europa.

Quindi?

Bene, anziché litigare con l’Unione Europea per poi andare a elemosinare deroghe alle sue regole è necessario per l’Italia una grande e coraggiosa stagione di riforme che magari non avrà una grande eco mediatica come il giustissimo contrasto alla immigrazione incontrollata e clandestina o come quella fantomatica pensione anticipata chiamata Reddito di Cittadinanza ma che veramente andrà a incidere sul nostro futuro.

Poi sarà anche il turno dell’Europa dove anziché andare a chiedere deroghe dovremo andare a cambiare le regole con altre, finalmente, favorevoli al nostro Paese e non solo alla nuova Europa Carolingia dell’asse Franco-Tedesco.

Andrea Marrone

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