Una giornata da “legionari”

4 Maggio 2015: FONTE -Stella d’Italia News-

30 aprile 1863. Una data che ai più non dice nulla, ma in quel giorno di 152 anni fa è stata scritta una delle pagine più belle della storia militare: la battaglia di Camerone. Pochi soldati della Legione Straniera tennero la posizione per ore contro un esercito numericamente superiore. Camerone, località del Messico, dove le truppe francesi erano state inviate perché il presidente messicano decise di non pagare più i debiti contratti con la Francia (come sempre la storia si ripete!). Un Reggimento di legionari fu chiamato a scortare i convogli che dovevano rifornire le linee avanzate, ma nonostante il duro addestramento ricevuto per annientare le truppe nemiche, il vero avversario da dover combattere si rivelarono la malaria, il tifo e la febbre gialla, nemici che falcidiarono il grosso del contingente. Arrivò quindi l’ordine di intervenire perché era stato segnalato un probabile attacco a un convoglio carico di armi e munizioni oltre a tre milioni di franchi in monete d’oro: a stento si riuscì a mettere insieme una compagnia di 62 legionari rimasta però senza ufficiali. Al comando un ufficiale dello Stato Maggiore che si offrì volontario per comandare la compagnia: il capitano Jean Danjou. La compagnia, fermatasi per una breve sosta, fu attaccata da un battaglione di cavalleggeri messicani. I legionari, sparando solo su ordine del loro comandante, iniziarono a difendersi, subendo numerose perdite ma nel contempo uccidendo numerosi nemici. I legionari rimasti riuscirono ad asserragliarsi in una fattoria e lì resistettero per ore sotto un caldo cocente con poche munizioni, senza cibo e acqua. Dopo ore di scontri, rimasero 32 uomini ancora in grado di combattere. Cadde il capitano Danjou che poco prima di morire motivò i suoi uomini fino a farsi giurare da tutti loro che avrebbero resistito fino alla morte. Nel frattempo arrivarono altri 1000 uomini a rinforzo dei messicani. A uno a uno i legionari caddero fino a che non ne rimasero soltanto 3. A quel punto gli stessi messicani, i quali non credevano a quello che stavano vivendo, non se la sentirono di ucciderli. I legionari si arresero solo dietro promessa che sarebbero state lasciate loro le armi e che si sarebbe provveduto alle cure dei feriti. Il comandante messicano, esterrefatto da quanto aveva visto, a battaglia terminata esclamò: “Davvero questi non sono uomini, sono diavoli”. Nella battaglia il capitano Danjou perse la sua mano di legno (aveva perso la mano sinistra anni prima per l’esplosione accidentale della sua pistola). Dopo varie vicissitudini la mano tornò in Patria e oggi è venerata dai soldati della legione straniera come massima reliquia.

Come tutti gli anni anche quest’anno si è celebrata la battaglia di Camerone che è festeggiata come festa del Corpo nella sede del loro Comando ad Aubagne, nonché sede del primo reggimento. Ho avuto l’onore di essere presente alla cerimonia insieme ad una delegazione dell’Associazione Nazionale Volontari di Guerra. Marcia lenta, movimenti marziali e concentrati scanditi da una musica poco cadenzata, i legionari sono riusciti a trasmettere ai presenti le emozioni e le vibrazioni dei valori espressi 152 anni fa da quel drappello di soldati, valori oggi sconosciuti alla maggioranza delle persone. Sulla piazza d’armi, schierato il primo reggimento (1° REI) con la bandiera di guerra, dopo il toccante discorso del comandante della legione straniera, il Brigadiere Generale Christophe de Saint Chamas, il culmine dell’emozione si è toccato quando, riposta in una teca, è comparsa la mano del capitano Danjou portata da un anziano legionario con il suo basco verde orgogliosamente calzato, seduto su una sedia a rotelle: il silenzio assoluto quasi religioso calato ha espresso al meglio il significato della cerimonia.

Molto vasta è la bibliografia e filmografia sulla Legione Straniera. Tra leggende, falsi miti e dicerie, la legione straniera vive ancora oggi in un alone di mistero. Nulla è rimasto di quella legione straniera che un tempo tra mito e realtà arruolava i dannati del mondo se non, come detto, i valori espressi. Oggi i 12 reggimenti della legione straniera (9 stanziati in Patria e 3 stanziati oltre mare) sono inquadrati nelle varie brigate/divisioni dell’esercito “regolare” francese (Armée de terre) e contribuiscono alla difesa della Nazione, partecipando a tutte le missioni internazionali cui la Francia è tenuta a partecipare: Balcani, Afghanistan, Libano, Haiti. Il legame tra il passato e il presente è tenuto saldo da un codice d’onore ai cui 7 punti, oggi come allora, ogni legionario deve attenersi in maniera religiosa e che fanno del legionario un soldato particolare. Se se ne legge il testo, non c’è bisogno di aggiungere altro:

 

Articolo 1. Legionario, sei un volontario che serve la Francia con onore e fedeltà.

Articolo 2. Ogni legionario è tuo fratello d’armi qualunque sia la sua nazionalità, la sua razza, la sua religione. Gli devi dimostrare sempre la stretta solidarietà che deve unire i membri di una famiglia.

Articolo 3. Rispettoso delle tradizioni, fedele ai tuoi capi, la disciplina e il cameratismo sono la tua forza, il coraggio e la lealtà le tue virtù.

Articolo 4. Fiero del tuo stato di legionario, lo dimostri con il tuo contegno sempre elegante, il tuo comportamento sempre degno ma modesto, il tuo alloggio sempre pulito.

Articolo 5. Soldato scelto, ti alleni con rigore, mantieni la tua arma come il tuo bene più prezioso, hai la preoccupazione costante della tua forma fisica.

Articolo 6. Sacra è la missione, devi eseguirla fino in fondo nel rispetto delle leggi, delle usanze della guerra, delle convenzioni internazionali, e, se fosse necessario, rischiando la tua vita.

Articolo 7. Nel combattimento, devi agire senza passione e senza odio, rispettare i nemici vinti, non lasciare mai i morti, i feriti e neanche le armi.

 

In pochi sanno che nel 1914 fu creato un battaglione di legionari italiani (circa 2000 uomini inquadrati nel 1° reggimento) spinti da valori di reggimentale memoria e ansiosi di dare il proprio contributo alla Prima Guerra Mondiale (l’Italia vi entrò l’anno dopo) comandati da un italiano il cui nome molto ha da dire: Peppino Garibaldi, nipote del più noto Giuseppe. La legione garibaldina ebbe l’onore di combattere per la Francia contro i nemici dell’Alleanza, indossando la stessa uniforme in uso nella Legione Straniera, ma gli fu concesso di indossare la camicia rossa. Nel 1915 la Legione Garibaldina fu sciolta e gli italiani tornati in Italia vennero arruolati nell’Esercito Italiano.

L’Associazione Nazionale Volontari di Guerra, che ha tra i suoi scopi quello di ricordare chi in fatti d’armi di tutte le guerre ha dato lustro alla Nazione, ha fatto dono al Museo della Legione di un manufatto in legno in cui vengono illustrate le gesta dei nostri connazionali. Nel retro sono state apposte le firme della delegazione italiana. Il responsabile del Museo, a cui ho avuto l’onore di consegnare il presente, ha accettato con piacere e ci ha assicurato che farà parte della storia delle Legione nella prima guerra Mondiale.

Emanuele LAINA

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