10 Novembre 2014: FONTE -Unione Stella d’Italia-
Il nostro amico Roberto Pau, da sempre attivissimo per la salvaguardia dei diritti di una categoria di lavoratori che ne è tradizionalmente privata, le Guardie Giurate in Italia, vorrebbe che nell’ ambito della nostra Unione venisse affrontato l’argomento spinoso, e doloroso, dei licenziamenti illegittimi, o, più propriamente, di quei licenziamenti ove ci sia una controversia sulla legittimità del provvedimento ed un ricorso presso la Magistratura. Accludo il testo della sua mail:
Caro Andrea, come da accordi telefonici ti illustro un mio progetto che potrebbe essere discusso nelle sedi di Camera e Senato, presentato da Unione Stella d’Italia, citandone la fonte. Mi preme precisare che sono parte integrante di questo progetto, considerato ciò che mi è capitato e dunque parlo per esperienza personale e professionale.
Bisognerebbe richiedere al Ministro del Lavoro di attuare delle modifiche sui licenziamenti, considerato che quando un lavoratore viene (ingiustamente) licenziato, non può più disporre di quella parte economica che lo aiutava nel sostentamento del fabbisogno personale o familiare, quindi rendendo il tutto ancora più amaro.
Infatti dal momento del licenziamento dove si perdono tutte le parti economiche in entrata, si priva il lavoratore dell’ opportunità di potersi difendere in ambito giudiziario, in quanto non avendo soldi, non può pagare un avvocato per potersi difendere, violando così il diritto alla difesa come recita l’ art. 24 della Costituzione, considerato che le aziende sanno di poter operare illegalmente con un raggiro che rende questa situazione legale.
Il discorso sostanziale è che, il lavoratore che viene licenziato perché discriminato per attività sindacale, di colore, razza o idea politica, non sempre può adempiere a pagare degli avvocati che tutelino il proprio interesse nella diatriba con l’azienda, e questo a fronte della negazione di stipendio dovuto proprio al licenziamento.
Per questo motivo dovremmo prendere in considerazione il fatto che lo Stato emani o modifichi la legge sul lavoro mettendola al pari della Legge in ambito penale e cioè:
Se un lavoratore viene licenziato, l’azienda non può mandarlo via togliendogli lo stipendio e privarlo della difesa, perciò l’azienda propone il licenziamento e invia il tutto al Giudice, e questo finché non emetterà sentenza, al lavoratore dovranno essere corrisposti sia il posto di lavoro che lo stipendio in modo da avere una continuità lavorativa e avere il diritto alla difesa.
Se poi il giudice deciderà che il lavoratore ha torto, dal momento che si emette sentenza, l’azienda potrà benissimo licenziarlo, ma solo dopo una sentenza che ne attesti il giusto.
Ovviamente se il giudice darà ragione al lavoratore, egli continuerà a lavorare come se niente fosse, ricevendo poi un indennizzo di risarcimento a fronte di quanto successo.
Questa è la mia idea e si potrebbe analizzare e improntare a fronte di quanto emerso negli anni, e mai portato a termine.
Roberto Pau
E’ ovvio che un lavoratore licenziato viene anche privato dei mezzi per la difesa. L’indennità di fine rapporto può tardare ad arrivare e, in caso di una non lunga permanenza sul posto di lavoro può anche non essere cospicua e comunque serve al mantenimento della famiglia e del lavoratore stesso in attesa di un nuovo impiego che, visti i tempi, può anche significare aspettare anni in cui si si deve arrangiare in qualche modo.
Costringere l’azienda a continuare a pagare lo stipendio del lavoratore in attesa della decisione del giudice potrebbe però essere una misura pesante e potrebbe inoltre rappresentare un problema se il giudice dovesse dare torto al lavoratore che, in quel caso, potrebbe essere chiamato a restituire quanto percepito. I tempi biblici della giustizia poi potrebbero anche portare un ulteriore danno sia all’azienda che dovrebbe continuare a pagare un dipendente non più produttivo che per il lavoratore che, forte del ricevere comunque lo stipendio e convinto del suo buon diritto a continuare a lavorare potrebbe essere disincentivato a cercare un altro posto di lavoro. Non dovrebbe essere così ma è nell’indole umana l’adagiarsi su certe situazioni.
Però il problema è reale e allora come trovare una soluzione? Forse dovrebbe essere lo Stato, e non i sindacati che spesso non tutelano adeguatamente i lavoratori cercando dei compromessi con le aziende a sobbarcarsi la difesa d’ufficio del lavoratore pagando un avvocato di fiducia scelto però dal lavoratore e non preso a casaccio tra gli avvocati che transitano vicino al giudice incaricato della causa. Però lo Stato, lo sappiamo bene, è stato ridotto dalla classe politica in braghe di tela e gli avvocati costano. Verrebbe allora utile stabilire un compenso forfettario per determinati tipi di cause ma poi come essere sicuri che l’avvocato svolga bene il suo lavoro se questo compenso non sarà adeguato all’impegno richiesto?
Certamente quello che potrebbe e dovrebbe essere fatto sarebbe quello di istituire una sorta di arbitrato velocissimo per le cause di lavoro. Questo comporterebbe lo snellimento del lavoro dei tribunali e darebbe sia alle aziende che ai lavoratori la certezza di ottenere giustizia subito, e non dopo anni.
Beh, la palla ora è lanciata, invito tutti gli iscritti all’Unione a formulare proposte in merito a questa problematica che ha dimensioni tragiche e che deve rientrare tra le nostre priorità.
Aspetto, per una migliore Italia, i vostri commenti.
Andrea
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