Il ritorno a casa, se pure questa lei la consideri ancora casa, di Silvia Romano ci pone di fronte a due situazioni opposte: da una parte la contentezza per il ritorno a casa di una donna rapita da orribili terroristi e dall’altra le considerazioni sulla sua apostasia.
Nessuna persona con un minimo di cuore può non dirsi contento per la liberazione di Aisha, questo è il nome che lei stessa dice di aversi scelto, per inciso il nome di una delle molte mogli di Maometto che venne sposata dall’anziano predicatore a nove anni.
Detto questo comincio con una considerazione: come il mio amico Magdi Cristiano Allam, nato a Alessandria d’Egitto e musulmano sa bene l’Islam commina obbligatoriamente l’apostasia con la pena di morte. Infatti Magdi, una persona di grandissima cultura e mitezza, vive perennemente sotto scorta per il crimine di aver abbandonato l’Islam per abbracciare la fede Cristiana. Ma l’Islam che condanna a morte gli apostati dalla religione inventata da Maometto non si comporta nella stessa maniera con gli apostati che da altre religioni passano alla sua.
Interroghiamoci perché avvengano queste conversioni da una religione e una civiltà di pace, tolleranza, uguaglianza tra i sessi, libertà a una bellicosa, intollerante, misogina e illiberale come quella islamica.
Cominciamo col dire che l’atmosfera del “politically correct”, che ha pervaso la nostra iper permissivista società occidentale e il concetto di “uno vale uno” hanno portato a un relativismo assoluto anche in campo religioso dove Gesù equivale a Buddha, a Zoroastro, alla trimurti Brahma-Krishna-Vishnu, al Grande Spirito dei pellirossa e, paradossalmente, al grande nemico delle altre religioni, all’Islam.
Questo sincretismo generalizzato nella società si è fuso con il pensiero gesuitico incarnato dall’attuale Papa Francesco e con le sue grandi aperture nei confronti delle altre religioni oltre che alla sua versione personale della “teologia della liberazione” sudamericana.
Questo spirito possibilista e di apertura non ha ingenerato una maggiore consapevolezza nella propria tradizione, cultura e civiltà ma ne ha incrinato le basi, ha creato un vuoto pneumatico dove le idee deboli, o percepite tali, scivolano verso il fondo e alla superficie si affacciano, come incubi generati dal sonno della ragione, le idee percepite come forti e vincenti.
Ed ecco come un manuale medievale per la conquista violenta e la sottomissione torna improvvisamente di moda con il suo corollario di terrorismo, teste decapitate, violenze sessuali, schiavitù verso gli altri mentre prevede peri suoi fedeli la pace delle notti nel deserto, un ordine sociale chiaro e inviolabile dove ognuno ha il suo posto preciso, la militanza obbligatoria nella Jihad interiore che consiste nel sottomettersi al Corano e esteriore che comporta l’obbligo, non scelta ma obbligo, di combattere con tutte le armi gli infedeli.
In un attimo si dimentica il Secolo dei Lumi, la stagione delle Cattedrali, le lotte per i Diritti Civili, la libertà sessuale, la lotta per l’emancipazione e la liberazione femminile, tutti i progressi che hanno portato alle nostre libertà che l’islam considera perversioni da eradicare attraverso la spada e il fuoco.
Le nostre libertà vengono a essere considerate debolezze, storture, aberrazioni e nessun intellettuale radical-chic, nessun maître a penser, nessun opinionista che si ribelli a questa visione, che rivendichi la superiorità della nostra civiltà.
Civiltà che dai tempi di un altro libro che contiene delle immoralità, la Bibbia, ha poi ricevuto i Vangeli che correggono la visione arcaica, punitiva, arcigna del Dio Unico.
L’altro libro immorale, il Corano, è rimasto tale, nessuno può solo concepirne una revisione, un Vangelo islamico. Secondo Maometto e i suoi seguaci il Corano è stato dettato in sogno a Maometto nientepopodimeno che dall’Arcangelo Gabriele, lo stesso che per noi Cristiani ha annunciato alla Vergine Maria la sua Immacolata Concezione di un Figlio che avrebbe portato amore, tolleranza e giustizia nel mondo.
A Maometto, commerciante di cammelli e predone, l’Arcangelo dettò invece come uscire dal deserto e aggredire l’allora Impero Bizantino, come sottomettere o sterminare le popolazioni conquistate, derubarle, violentare le loro donne, ridurle in schiavitù.
Un unico messaggero, due messaggi radicalmente diversi.
Eppure questo Corano ha un indubbio potere attraente: ha stregato i neri d’America e li ha spronati a emanciparsi dagli “wasp” (white anglo saxon protestant), dal potere dei bianchi americani e dalla loro presunta superiorità morale, ha trasformato una nazione tollerante e amante della vita come la Malesia in una repressiva e sessuofoba, ha interrotto e devastato le aperture e le modernizzazioni dell’Iran, dell’Afghanistan, dei regimi tolleranti dei paesi arabi del Mediterraneo, della Turchia, una volta stato fermamente laico e ora califfato islamico.
Il suo messaggio attira anche europei, in genere disadattati delle banlieu, reietti della società ma ha attirato anche icone della cultura di estrema destra come René Guenon che si convertì e si trasferì al Cairo e sempre al Cairo andò a vivere il cantautore inglese Cat Stevens dimostrazione che l’Islam non attira solo disadattati ma anche pensatori, filosofi, artisti.
A questo punto rimangono solo due strade: una è quella della resa, della “dhimmitudine” preconizzata da Oriana Fallaci e di cui parla Magdi Cristiano Allam, cioè accettare la resa all’Islam e convertirsi oppure accettare di vivere in una situazione subalterna, definita da “dhimmi” come cittadini di seconda classe rispetto agli islamici o contrapporre alla barbarie, all’oscurantismo, alla visione medioevale islamica la nostra splendente civiltà, le nostre libertà civili, religiose, personali che non sono debolezze ma forze conquistate con faticose lotte nel corso dei secoli.
Si deve e si può recuperare una visione positiva dell’Occidente che non è quella pessimista e decadentista tanto cara ai radical-chic che vivono loro stessi in uno stato di decadente pessimismo falsamente attribuendolo tout court alla società intera.
Rivendichiamo la nostra vera superiorità morale, le nostre grandi conquiste libertarie. Facciamo sì che la nostra tolleranza non sia più debolezza ma forza e che la tolleranza si fermi obbligatoriamente quando ci si deve confrontare con un nemico malvagio e astuto che sa coniugare terrore e blandizie, orribili crimini e la promessa della pace nella sottomissione.
Andrea Marrone
Presidente Movimento Conservatore Stella d’Italia