30 Novembre 2018: FONTE -Unione Stella d’Italia-
Ieri ho avuto il piacere di pranzare con alcuni amici in uno dei più suggestivi ristoranti di Chiavari, in Liguria. La giornata era splendida, un sole tiepido, qualche barca di pescatori sotto costa, coppie con i passeggini in passeggiata, una delle poche non devastate dalle mareggiate dello scorso mese.
Mentre parlavamo della situazione politica e sociale del nostro Paese non ho potuto fare a meno di pensare come il commercio di qualità e la difesa del territorio siano indissolubilmente legati.
Locali come quello in cui ci siamo riuniti portano lustro, producono reddito e occupazione, creano le premesse per la circolazione delle persone che è il primo antidoto contro il degrado e la delinquenza spicciola e gratificano chi li frequenta.
Però questo fatto non è sempre chiaro per una burocrazia ottusa, permeata da un certo senso di invidia sociale e soprattutto convinta che il commerciante sia sempre e comunque un personaggio da punire, reprimere, mettere sotto accusa. Infatti quel bellissimo posto, dotato di una cucina d’eccellenza e di una cantina invidiabile, di un personale attento, cortese e competente viene sottoposto a una serie di controlli dove, quando si risulta in regola con una cosa, immediatamente se ne va a ricercare un’altra con l’apparente logica del “scava scava e qualcosa salterà fuori”.
Indubbiamente vista la selva di leggi, leggine, regolamenti, norme, usi e consuetudini temo che nessun imprenditore, piccolo o grande che sia, possa essere sempre e completamente nelle regole.
Una vecchia strategia dello stato, complicare le cose per impedire di essere in regola, schierare contro i commercianti una forza d’urto di codicilli contraddittori che lo mettano alla mercé dell’interpretazione di chi lo sta controllando.
Penso e credo che sarebbe ora di finirla, sarebbe ora di semplificare veramente, non come hanno fatto i governi precedenti che per semplificare immettevano altre complicazioni in un sistema allucinante che avrebbe fatto la felicità letteraria di Kafka.
Punire i commercianti sempre e comunque rende tutti più poveri, costringe i commercianti a cercare di aggirare le regole nella impossibilità di adempiere in pienezza ad esse, costringe lo stato a rincorrere con multe assurde i commercianti spesso spendendo più di quello che incassa visto che mette i multati nella impossibilità di pagare a causa degli importi marziani, aumenta i costi e quindi punisce anche i consumatori facendo la felicità di due sole categorie di professionisti, guarda caso categorie da cui provengono moltissimo deputati e senatori: avvocati e commercialisti.
Sarebbe ora di smettere di essere tanto distanti dal popolo dei commercianti da sembrare gendarmi asburgici alla ricerca perenne di cavilli per punire, punire, punire. Lasciamo respirare il commercio, lasciamo che i commercianti continuino a essere un elemento imprescindibile del decoro urbano.
Andrea Marrone