14 Dicembre 2015: FONTE -GdF COmando Prov.le Cosenza-
La Guardia di Finanza di Cosenza, sotto la direzione del Procuratore Aggiunto della DDA
Giovanni BOMBARDIERI e del Sostituto Procuratore Antimafia Pierpaolo BRUNI, ha
proceduto oggi al fermo di:
IANNELLI Michele, nato a Cetraro il 18/12/1975;
IANNELLI Fabrizio, nato a Cetraro il 19/10/1977;
ONORATO Christian, nato a Cetraro il 19/11/1988;
IACOVO Pierangelo nato a Cetraro (CS) il 08/07/1989,
soggetti legati alla cosca Muto, accusati di aver dato vita ad un imponente traffico di
stupefacenti.
Ma non solo: con le attività di ieri si conclude un’indagine durata più di un anno, che ha
consentito di smantellare il sodalizio e di disvelare come la ‘ndrangheta cetrarese impiega i
capitali provento della vendita di droga.
Contestualmente ai fermi, infatti, i Finanzieri hanno sequestrato un ingrosso e due punti
vendita al dettaglio di frutta e verdura fittiziamente intestati ad alcuni prestanome ma di fatto
gestiti dal pluripregiudicato Michele IANNELLI alias “Tavolone”.
Dopo un anno di intense attività, la Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, partendo
dagli elementi emersi nel corso delle indagini, ha emesso i quattro provvedimenti restrittivi
volti ad evitare che gli indagati potessero darsi alla fuga e tre decreti di sequestro d’urgenza
delle ditte, con lo scopo di porre fine ad un’attività di riciclaggio che, oltre a ripulire i soldi
della droga, garantiva ulteriori introiti alla consorteria, condizionando il mercato ortofrutticolo
di una vasta area della provincia.
L’indagine ha inizio circa un anno fa, quando i Finanzieri scoprivano una vera e propria
raffineria di droga sulle alture di Cetraro: un’imponente centrale adibita allo stoccaggio,
confezionamento e distribuzione di grosse partite di marijuana e cocaina gestita dalla
‘ndrangheta cetrarese.
Migliaia di piante, di cui oltre tremila in fase di essiccazione e altre sessanta pronte per il
travaso nonché circa due quintali di “erba” stipati in cinquanta balle, ciascuna contenente un
quantitativo di stupefacente variabile tra i due e i cinque chilogrammi e migliaia di semi di
pregiata qualità provenienti probabilmente dal mercato olandese.
Avanzatissimo il sistema utilizzato per la produzione dello stupefacente: un impianto
“industriale” di essiccazione intensiva, completo di apparato di areazione perfettamente
funzionante nonché di un sistema di illuminazione, capace di sfruttare al meglio anche la luce
naturale – per mezzo appositi pannelli trasparenti installati al soffitto – integrato da lampade
alogene oltre ad un impianto di irrigazione e di riscaldamento.
Ma non solo marijuana. Quattrocento grammi di cocaina, conservata sottovuoto, pronta per
essere spacciata e sostanza in polvere utilizzata per il “taglio”; strumenti e contenitori
necessari per il confezionamento dello stupefacente e tre ciclomotori di provenienza furtiva.
A protezione della “preziosa merce” e della intera area utilizzata per l’illecita produzione i
malviventi avevano installato un sofisticato impianto di videosorveglianza attraverso il quale
riuscivano a controllare tutti i “movimenti” che, però, nulla ha potuto nei confronti della
destrezza e tenacia posta in campo dai finanzieri.
Sicuramente le Fiamme Gialle sono penetrate nel punto più segreto per ogni narcos: ove
conserva il suo “tesoro”. Un tesoro da circa 10 milioni di Euro che gli affiliati alla Cosca Muto
intendevano difendere con ogni mezzo. I Finanzieri, infatti, nel corso delle perquisizioni
rinvenivano due pistole, un fucile a pompa, due carabine e migliaia di munizioni.
Sin dai primi momenti i militari si rendevano conto che dietro una produzione tanto imponente
non poteva che esserci la lunga mano dei potenti clan cetraresi. È così che, sotto l’egida
della Direzione Distrettuale Antimafia di Catanzaro, i Finanzieri cercavano ogni singolo
elemento utile per risalire la filiera e rintracciare i responsabili del traffico di droga.
Oltre alle armi e alla droga i Finanzieri scoprivano quello che si è rivelato essere il “libro
mastro” del Clan: vendite di grosse partite di stupefacenti, acquisti di materiale utile per la
coltivazione e lo stoccaggio della marijuana e per il taglio della cocaina e, soprattutto, la
spartizione dei proventi tra i quattro fermati che compaiono sistematicamente in ogni appunto
ove si procede alla spartizione degli “utili”.
Mesi di lavoro hanno portato gli investigatori a decriptare cifre e sigle, riuscendo a dare un
nome ed un volto ai componenti del sodalizio e riuscendo a ricostruire un volume d’affari di
enormi proporzioni.
Come dimostrato Michele IANNELLI, leader della consorteria, riciclava gli ingenti proventi in
una serie di attività commerciali dalle lecite parvenze, punti vendita di prodotti ortofrutticoli
che il pluripregiudicato, già colpito da misure cautelari reali per essere stato coinvolto in altre
inchieste della DDA di Catanzaro, aveva intestato ad una serie di prestanome tra cui lo
stesso Onorato. Era infatti IANNELLI Michele ad occuparsi della gestione dei tre esercizi
commerciali, pretendendo dai suoi collaboratori ordine e disciplina, rimproverandoli per i
ritardi nelle consegne o per le mancate riscossioni dei crediti. Quando i vari attendenti si
dimostravano incapaci nel farsi pagare dai clienti era lo stesso Tavolone a farsi avanti per
risolvere le “pendenze” sfruttando “fama” e stazza fisica.
Nei confronti delle teste di legno, a loro volta denunciati per la normativa antimafia in materia
di intestazioni fittizie, sono state estese le attività di perquisizione che hanno consentito il
sequestro di altra documentazione che potrebbe rivelarsi utile per consolidare le posizioni dei
fermati.
Viene così scoperto e represso uno dei canali attraverso il quale la ‘ndrangheta cetrarese
ripulisce i soldi della droga, distorce il mercato lecito, emargina gli onesti contribuenti e crea
un nuovo monopolio di illegalità.